Oltre il Prezzo: Gli Ostacoli Reali che Frenano l’Autotrasportatore Europeo di Fronte al Camion Elettrico

by Marisela Presa

In questo dicembre 2025, il settore dei trasporti europeo si trova a un bivio. Mentre l’Unione Europea spinge piani ambiziosi per eliminare i combustibili fossili e ridurre le emissioni, oltre 5.300 autotrasportatori e operatori logistici hanno alzato una voce di protesta unificata contro l’acquisto obbligatorio di camion elettrici.
Questo rifiuto, sintetizzato nello slogan “Sì all’ecologizzazione, no agli obblighi di acquisto”, non nasce da una negazione del cambiamento climatico, ma da una profonda preoccupazione per la fattibilità economica e operativa di una transizione forzata e prematura.
I firmatari, che includono dalle piccole imprese familiari ai grandi operatori, insistono sul loro impegno per la decarbonizzazione, ma avvertono che le imposizioni senza le condizioni adeguate potrebbero essere devastanti.
Le cause principali di questo rifiuto sono, in sostanza, di natura economica e pratica. Innanzitutto, il costo di acquisizione di un camion elettrico rimane significativamente più alto di quello del suo equivalente diesel, un investimento insostenibile per molte PMI che operano con margini ridotti. Inoltre, l’incertezza sul deprezzamento di questi veicoli e gli alti costi di manutenzione e riparazione aggiungono un rischio finanziario considerevole.
Gli autotrasportatori sostengono che, in un contesto di crisi dei costi e senza strumenti di finanziamento pratici e massicci, un obbligo di acquisto equivale a mettere in pericolo la loro sopravvivenza aziendale e, per estensione, la resilienza dell’intera catena di approvvigionamento europea.
Oltre l’economia, esistono serie sfide operative che frenano l’adozione. L’infrastruttura di ricarica pubblica per i veicoli pesanti è ancora insufficiente e il suo dispiegamento è lento e disomogeneo sul territorio. Problemi come l’autonomia in condizioni reali — influenzata dal carico, dall’orografia o dalle temperature estreme — e i tempi di inattività per la ricarica complicano la pianificazione logistica e minacciano la redditività.
Gli autotrasportatori si trovano così di fronte alla scelta di acquisire beni che potrebbero non essere operativamente fattibili per molti dei loro servizi, specialmente quelli a lunga distanza, il che distorcerebbe il mercato e danneggerebbe l’efficienza del settore.
Sottostante c’è anche una preoccupazione sistemica: la capacità della rete elettrica di sostenere una flotta massiccia di camion di grande tonnellaggio in carica simultaneamente. Senza una garanzia di approvvigionamento elettrico stabile, verde e conveniente, la transizione potrebbe generare nuovi colli di bottiglia.
La petizione indirizzata alla presidente Von der Leyen critica, pertanto, uno strumento politico che sembra progettato più per aiutare i produttori a raggiungere obiettivi di produzione che per garantire una transizione riuscita e giusta. Gli autotrasportatori si sentono trattati come “danni collaterali”, costretti ad acquistare veicoli la cui infrastruttura di supporto e la cui fattibilità economica a lungo termine non sono garantite.
In definitiva, il conflitto non è tra ecologia e negazionismo, ma tra obbligo e opportunità. Il settore chiede di dare priorità alla creazione di “condizioni favorevoli”: un dispiegamento accelerato e realistico delle infrastrutture, quadri fiscali di sostegno e meccanismi di finanziamento accessibili. Solo quando esisterà un ecosistema operativo ed economico fattibile, la domanda di camion a zero emissioni aumenterà in modo naturale. La transizione energetica nel trasporto pesante richiede, secondo i professionisti, pragmatismo e cooperazione, non quote rigide che ignorino la realtà del business e mettano a rischio un servizio essenziale per l’economia europea.

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