In Spagna, il dibattito sull’età pensionabile degli autotrasportatori ha acquisito forza, collocandosi al centro di una polemica che contrappone la legislazione vigente alle richieste di un settore che si considera particolarmente penalizzato. A differenza dell’età generale, che viene progressivamente innalzata fino a 67 anni, gli autotrasportatori possono andare in pensione in anticipo, a 64 anni, poiché la loro professione è classificata come “faticosa, tossica, pericolosa o insalubre”. Questa regolamentazione si basa principalmente sul Real Decreto 1698/2011, che sviluppa la Legge Generale sulla Sicurezza Sociale, e riconosce il logoramento fisico e mentale accumulato in una vita sulla strada.
Tuttavia, diverse organizzazioni del trasporto merci, come la Federazione Nazionale delle Associazioni dei Trasporti Merci (Fenadismer), sostengono che questa concessione non sia sufficiente. La loro principale rivendicazione è la parificazione con altri mestieri di analoga durezza, come i minatori, che possono accedere alla pensione a 60 anni. Gli autisti sostengono che le condizioni lavorative siano peggiorate, con turni lunghissimi, tempi di consegna strettissimi, stress permanente e periodi di riposo insufficienti, il che accelera il loro deterioramento fisico e rende persino i 64 anni un traguardo lontano e logorante.
Il catalogo di disturbi che affliggono questo collettivo è una testimonianza eloquente della sua faticosità. Gli studi epidemiologici segnalano un’alta incidenza di disturbi muscolo-scheletrici cronici — lombalgie, ernie del disco e problemi cervicali — derivati dalle lunghe ore nella stessa postura e dalla movimentazione dei carichi. A questi si sommano malattie cardiovascolari, associate alla sedentarietà forzata e allo stress, e disturbi gastrointestinali. “È una professione che, letteralmente, ti logora dentro e fuori”, afferma il Dott. Miguel Ángel Sánchez, specialista in medicina del lavoro. “La combinazione di vibrazioni, rumore costante e l’alterazione dei ritmi circadiani crea un cocktail dannoso per la salute a lungo termine.”
Ma al di là dei disturbi fisici, sorge una domanda cruciale per la sicurezza stradale: I camionisti perdono capacità di reazione di fronte ai molteplici pericoli della strada? Gli esperti di fattori umani avvertono dell’impatto cumulativo della fatica cronica. La professoressa Elena Rodríguez, ricercatrice in sicurezza stradale all’Università Politecnica di Madrid, lo spiega così: “La fatica non è solo sonnolenza. È una diminuzione progressiva dell’attenzione, un rallentamento nel prendere decisioni e un’attenuazione della capacità di reazione agli imprevisti. Un conducente over 60 con decenni di fatica accumulata può vedere le sue capacità cognitive e motorie significativamente ridotte in situazioni ad alto rischio.”
Di fronte a questo panorama, le organizzazioni di settore chiedono non solo una pensione più anticipata, ma anche un miglioramento delle condizioni lavorative che ritardi l’insorgenza di questi effetti. Proposte come l’ottimizzazione dei tempi di carico e scarico, l’installazione di più aree di sosta sicure e campagne di vigilanza sul rispetto degli orari mirano a mitigare il logoramento quotidiano. Lo considerano una questione di giustizia sociale e, soprattutto, di sicurezza per tutti gli utenti della strada.
In definitiva, la questione della pensione degli autotrasportatori trascende il mero dibattito numerico su un’età. È un riflesso delle durissime condizioni di un mestiere che sostiene l’economia, ma consuma chi lo esercita. Trovare un equilibrio tra la sostenibilità del sistema pensionistico e la protezione di lavoratori essenziali, la cui fatica può diventare un fattore di rischio pubblico, è la sfida pendente. L’orologio biologico di migliaia di conducenti corre più veloce del calendario, e la strada, implacabile, non perdona.
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