L’ossessione per il veicolo elettrico come unica soluzione per la decarbonizzazione del trasporto su strada inizia a mostrare le sue crepe. Di fronte a un approccio monolitico, la voce di Mario Draghi, con il suo rapporto sulla competitività europea, è irruenta con la forza di chi reclama pragmatismo sull’ideologia. La sua difesa della “neutralità tecnologica” non è una nostalgia del passato, ma un monito cruciale: una transizione giusta e competitiva non può permettersi di scartare strumenti validi e disponibili. In un contesto di incertezza geopolitica e dipendenza strategica, Draghi segnala l’ovvio: mettere tutte le uova in un solo paniere è un rischio che l’Europa non può correre.
I combustibili rinnovabili emergono così non come un piano B, ma come un alleato strategico e immediato. La Piattaforma per i Combustibili Rinnovabili ne sottolinea l’efficacia provata: il recente Tour d’Europa ha dimostrato una riduzione del 67% delle emissioni. Questo dato è dirompente. Mentre si aspetta che l’infrastruttura di ricarica elettrica maturi – un vero “cavallo di Troia” nel percorso europeo, come avverte l’IRU – questi combustibili offrono una decarbonizzazione quasi istantanea per un parco auto di milioni di veicoli. La loro virtù risiede nell’immediatezza: sono compatibili con i motori attuali e sfruttano la rete di distribuzione esistente, garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento.
Tuttavia, il quadro normativo europeo sembra intenzionato a chiudere questa porta. Il divieto di vendita di motori a combustione nel 2035, basato su un approccio puramente “dal serbatoio alla ruota”, ignora deliberatamente la neutralità tecnologica. Come spiega David Howell, esperto di politiche climatiche di SEO/BirdLife in Spagna, “il rischio di una regolamentazione eccessivamente rigida è che scoraggia investimenti critici in altre tecnologie complementari, come i combustibili sintetici, che saranno essenziali per l’aviazione e il trasporto marittimo.” Questa visione miope penalizza soprattutto il trasporto pesante, dove l’elettrificazione di massa è, ad oggi, un’illusione tecnica e logistica.
La situazione è particolarmente preoccupante per la Spagna, un paese con una potente industria logistica e un intenso traffico merci su strada. L’assenza di una fiscalità differenziata che premi l’uso di combustibili rinnovabili, come richiesto dalla Piattaforma, ci mette in svantaggio rispetto ad altri partner europei. María García de la Banda, direttrice della Cattedra di Transizione Energetica all’Università Comillas-ICAI, lo conferma: “La Spagna ha un potenziale enorme per produrre idrogeno verde e combustibili sintetici. Una regolamentazione intelligente che internalizzi le emissioni del ciclo di vita completo, e non solo quelle dello scarico, potrebbe trasformarci in un hub energetico e creare un’industria ausiliaria ad alto valore aggiunto.”
Il dibattito di fondo è più profondo: si tratta di scegliere tra una transizione dirompente e traumatica, o una transizione evolutiva e inclusiva. Le possibili imposizioni di acquisto di camion a zero emissioni, che preoccupano tanto i trasportatori, potrebbero espellere dal mercato migliaia di PMI se applicate prematuramente. La decarbonizzazione non può essere un lusso che solo le grandi corporazioni possono permettersi. L'”autonomia in rotta” di cui parlano i professionisti non è solo una questione di chilometraggio, ma di sopravvivenza economica.
In sintesi, l’inclusione effettiva dei combustibili rinnovabili nel percorso di decarbonizzazione non è un capriccio del settore tradizionale. È una questione di intelligenza strategica, competitività e giustizia sociale. La revisione della normativa sulle emissioni nel 2025 è un’opportunità storica per l’UE di correggere la rotta e abbracciare finalmente un principio che ha sempre detto di difendere: la neutralità tecnologica. Il percorso verso il 2050 è troppo lungo e complesso per essere affrontato su una gamba sola.
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